domenica 31 luglio 2011

RSVP

Qua lo shopping urge, il conto piange e il tempo stringe. Ci vorrebbe una rima anche per “ma non doveva essere estate qui pare fine novembre”, ma al momento mi sfugge.
È quel meraviglioso periodo dell’anno in cui i sogni, che la notte ti sembran veri e tutto ti parla d’amor, di giorno possono prendere forma. Non assicuro niente sui i topolini in grado di cucire principesche frappe su stracci da servetta, ma se anche voi sognate di soffiare l’ultimo abitino della perfetta taglia all’agguerrita fanciulla al vostro fianco, è ora di affilare le unghie. O per lo meno dare una passata o due di Particulière (Chanel, need i say more?), che fa così chic quando spunta, stremato ma impeccabile, dai cesti al 70%.
Come oltrepassare quel the day after feeling, senza farsi travolgere dall’ansia da ora o mai più, che spesso riempie l’armadio ma non l’anima? Che poi, quando si riaprono le ante con un certo distacco, si ha la sensazione di avere alla festa qualche imbucato che stona con il dress code, e chissà chi lo ha fatto entrare. Ora, per avere dei bodyguard che la guardia non la abbassano mai, c’è un semplice trucchetto che usa anche Olivia Palermo: comprare solo cose che andranno bene anche nelle stagioni a venire, un po’ come le mamme. Con i dovuti colpi di testa, ovviamente, che la fa facile l’Olivia di beige vestita, ma sono sicura che quando è seduta dietro ad Anna dello Russo alla settimana della moda londinese vorrebbe avere lo stesso cappello a ciliegia. Che a suo modo è un evergreen.
Tornando ai saldi e al comprare intelligente: in pole position decisamente il famosissimo boyfriend blazer, che piace alla gente che piace e soprattutto sta bene a tutte. Da tenere chiuso o sbottonato, con le maniche attentamente arrotolate  o tirate su un po’ alla buona, è una vera social butterfly che fa coppia – aperta – un po’ con tutti gli invitati della festa.
Fiori, come se piovessero: provenzali o sfacciati, dai colori tenui o tropicali, vanno quasi sempre bene se dosati con gusto, e spesso hanno l’accesso alla zona v.i.p.
Pizzo, perché non ce ne è mai abbastanza, e se è in giro da un sacco di tempo vorrà dire che dei numeri ce li ha. Che magari non vediamo subito, ma diamogli tempo, è un bravo ragazzo.
E poi colori, preferibilmente negli accessori, perché a dire il vero questo color blocking di cui si fa un gran parlare non mi convince fino in fondo. Assolutamente riservato ad un ristretto numero di fortunate (?) è preso un po’ troppo sul serio, a mio avviso, e mi sembra un po’ una di quelle immagini da album da colorare. Ma chi può lasciare sulla porta una zeppa rossa, o una pochette royal blue? Io no.
Siano i benvenuti anche gli egocentrici cocktail rings (che secondo il sufi fidanzato sono armi camuffate, ma lui vive happily ever after con un armadio pieno di pantaloni di velluto, E BASTA, perché sono comodi. No questions asked, please. E' un fidanzato impeccabile, per il resto). Sbizzarritevi, più particolari e improponibili sono, meglio è.
Venghino siori  e siore, si divertino e spendino, che va bene che arrivare in ritardo fa figo, ma qui sono quasi finiti tutti i salatini e poi chi li manda giù, i margaritas?

Cin cin!

p.s. mio personalissimo consiglio: frugate nelle cantine di insospettabili parenti: io dai suoceri ho trovato bellissime chiavi degne di Tiffany!  Pare che fossero di un qualche antenato, che le collezionava perché c’era sempre la chiave giusta per aprire una qualunque porta. Quando si parla di plus valore, insomma.



blazer Max&Co

shorts a fiori H&M
shorts di pizzo Zara

abito H&M
collana Down the Rabbit Hole
pochette rosa vintage
pochette blu vintage
shopper rosa Les Copains
borsa verde Cavalli Freedom

collane di pietre dure, anello e pendente Gioielleria Burnazzi
lucchetto e chiavi vintage


martedì 19 luglio 2011

Dimmi che valigia fai e ti dirò chi sei

Gennaio era appena iniziato, nel lontano 2001, mascara e lacca non erano ancora personae non gratae nei bagagli a mano, e io mi preparavo a partire per l’Erasmus.
Mio padre sfoderava vassoi di caffè dolcissimo per ravvivare una stanza di galline ventenni troppo educate per sussurrare che lo avevano chiesto amaro, e che faticavano a trovare il loro stile dopo un’adolescenza sprofondata nel grunge. Provate voi ad accendere mtv e a trovarvi JLo al posto degli Stone Temple Pilots.
Valigia rigida verde acqua aperta e vuota, a parte per due irrinunciabili oggetti: un puff di pelo dalmata e delle infradito fucsia fluo (anche io ero molto persa, stylistically talking).
Gli episodi sono infiniti, e finiscono quasi tutti con qualche sbuffata della mia amica Willy che prende il mio posto davanti alla valigia e con criterio pratico e svizzero fa la cernita degli oggetti, sotto lo sguardo affranto della mia omonima amica dall’armadio più meraviglioso e strampalato che mi sia mai capitato di aprire.
A mia difesa posso dire che si tratta di una tipica reazione alla madre, che impacchetta anche i pacchetti che usa per impacchettare. Nella sua sala, per esempio, troneggia la famosa Frau, foderata perché troppo preziosa per essere macchiata. E la fodera è a sua volta ricoperta, non sia mai che si rovini, che ormai è impossibile trovare un tappezziere decente. E una volta che la Frau è a prova di pisello e principessa comunque non ci si può sedere, perché è tutta bella gonfia e magari vengono ospiti.
Tutto questo per dire che, cresciuta in una casa simile a quella dei nonni Gilmore, mi è impossibile fare dell’ordine il mio compagno di viaggio, o di vita a dire il vero. Non so se è per indole o per la fase di protesta adolescenziale mai completamente abbandonata. Come quando Lorelai finisce un pacco di Pop Tarts per capire se le piacciono per il gusto o solo perché sua madre li odia. (Io ovviamente li ho assaggiati, e giuro che sono la cosa più chimica che il mio stomaco abbia mai dovuto digerire).
E comunque, come si fa a lasciare a casa un collo di piume a cuor sereno? È ciò che ti rende riconoscibile a tutte le galline del pianeta quando sei lontana dalle tue. Di borse non ce ne sono mai abbastanza, e poi non sei credibile nella parte della groupie senza un gilet di montone. O delle zeppe.
Un magrissimo gallese una volta mi ha detto che non trovava giusto che la sua valigia dovesse pesare come quella di un obeso, quando lui aveva un sacco di chili di scarto su cui giocare. Io, che di chili di scarto non ne ho, di solito mi metto dietro un viaggiatore molto minimal. Le mie preferite sono le suore, che la cosa più pesante ce l’hanno in mano. Dopodichè piego la testa con aria di intesa verso la hostess di turno. Questo ultimo passaggio funziona meglio con gli stuart per ovvie ragioni, ma adesso ho anche il bonus adorabilefigliadagliocchiblu che se raffredda l’approccio degli stuart, intenerisce le hostess, e siamo pari.
Ovviamente la figliolina da adolescente puzzerà di naftalina per la stessa regola della reazione, godrà nell’avvolgere tutto in sacchetti sterilizzati dalla nonna e farà il cambio stagionale degli armadi, e magari mi starà anche bene. Credo comunque che quando torneranno di moda le perle del mio guardaroba le ruberà senza battere ciglio, anche se odoreranno ancora di incenso Nag Champa o Daisy di Marc Jacobs (non si può essere freak per sempre).

    
                                                bagaglio a mano, Rimini - Bruxelles 2011


                                                             Paharganj, Delhi 2006

mercoledì 13 luglio 2011

Celo, manca

Se mi chiedessero qual è la cosa più difficile per me, direi lasciare scivolare via senza colpo ferire.
Qualunque cosa.
L’ansia da possesso comincia molto prima dell’attrazione fatale per il sopravvalutato Touche Eclàt, il famoso Tiffany Blue o l’evergreen degli evergreen a doppia C.
La mia bimba, dall’alto dei suoi 82 centimetri, ha già ben chiaro che il suo stampino a castello è adorabilissimo, ma il secchiello a pois fucsia della vicina collega artista è un irrinunciabile must have.
Figuriamoci poi quando si parla di persone. La perfezione unenne, di cui sopra, è pacificamente convinta che io sia di sua proprietà, cosa che tra l’altro non mi dispiace affatto, perché assolutamente reciproca. Il neo della faccenda è che spesso questa convinzione si estende anche a persone molto più alte di lei. Chi non ha rosicato nel vedere la compagna di merende scambiarsi sguardi d’intesa con la nuova arrivata? O, di molto peggio, chi non si è seccata un bicchiere di rosso post incontro con l’ex, constatando che il proprio appeal era ufficialmente in cassa integrazione? (Trucchetto, in circostanze nefande come questa, è quello di concentrarsi sulla camminata con tacco in stato di ebrezza, per evitare di aggiungere imbarazzo a sdegno, gioiosi sentimenti che non hanno l’arte di annullarsi a vicenda).
Il sapientello di turno direbbe con aria vissuta che il punto è di non cadere nell’errore di credere di possedere. Thanks very much. Non è che io creda di possedere l’armadio di Alexa Chung, o per lo meno le sue gambe, ma lo sogno quand même. Ho l’impressione di tornare sempre a quell’ego da combattere, che non solo ti assicura che quella che stai sfoderando è una American Express Platinum, ma anche che con un’altra strisciata puoi mettere nella shopper le persone.
Una volta avevo un fidanzato che si lavava sfregandosi sugli alberi, e che diceva che nessuno possedeva nulla, in realtà. Io di sicuro non possedevo lui, come hanno dimostrato i fatti, ma credo che, albero a parte, il suo punto fosse buono. È un pezzo di strada, mi spiegava, quello che facciamo insieme. E non è il non amore che ci farà salutare, ma il fatto che le strade fanno giri strani, e ci si deve separare per ritrovarsi. O a volte non ci si ritrova più, ma in quel pezzo di strada abbiamo goduto della compagnia reciproca.
Magari la nausea dei tornanti potevi risparmiartela, penso io, se avevi allungato la strada per farla con lui, che poi al primo bivio ti aveva salutato. Ma la vista da lassù te la ricordi con piacere, adesso che il sapore del Travelgum è andato via. Ma ce ne vuole, a toglierlo. È un misto di amarognolo e menta con dolcificante, e tu mangi fragole con panna fresca, ma non va via. Devi aspettare un po’, provare a fregare il tempo e lavarti molto i denti. E ad un certo punto sbatti la lingua sul palato e ti accorgi che la liquirizia al mughetto ha vinto.
 Quando la splendida unenne deve arrendersi al fatto che non può proprio portarsi via quella palla di Hello Kitty che si è abbracciata per tutto il tempo della spesa, si esibisce nella parte di tarantolata con urlo, tra la sorpresa degli astanti. Da adulti responsabili ci è impossibile roteare tra gli scaffali di sottoli al grido di “Heidi aiuto”, o comprare un pacco di Camel Light da dieci, vanificando la fatica di anni. Me personally, trovo una nuova ossessione su cui concentrare l’ego, ma non credo sia la soluzione più intelligente. Per consigli e suggerimenti, si prega di compilare e imbucare. Arrivederci e grazie.

p.s. nel caso in cui servissero modelli di delirio da mancata possessione, consiglio vivamente una overdose di Californication (la serie tv, non la canzone, per carità), se si è poveri da guardare in streaminghttp://www.sidereel.com/Californication