lunedì 19 dicembre 2011

Quelqu'un m'a dit che bisogna stare all'occhio

Ovvero: riflessioni di una gita fuori porta.

Il fidanzato mi dice mettere un po' di musica - mi chiedo come si faceva a restare in auto più di 7 minuti prima di avere una colonna sonora - e io vedo un cd di Carla Bruni che risale al tempo in cui non avevo fili d'argento tra i capelli. E via, che chanteuse sia.
Alla seconda canzone l'ipercritico conducente inizia a sbuffare, si volta e mi chiede pensieroso se mi piace davvero questo album. Devo ammettere che è la prima volta che lo ascolto capendo quello che la vocina da sigaretta e collegi svizzeri sussurra. E, mea culpa, mi piace. Le mie preferite? Le toi du Moi, e J'en connais:


J'en connais des superbes,
Des bien-mûrs, des acerbes,
Des velus, des imberbes,
J'en connais des sublimes,
Des mendiants, des richissimes,
Des que la vie abîme...



Io le perdono molte cose, a Carlà. Insomma, è stata motivo di orgoglio e anoressie per noi tante, negli anni Novanta, non sono cose che si scordano in un attimo solo perché ha scelto un improbabile marito. Lo facciamo in molti. E' il motivo che, as usual, ci sfugge.
Alcuni optano per la sicurezza di un bauletto con l'intramontabile logo monogram o delle belle vacanze a Cortina. Altri decidono di essere le muse di so called artisti, con tutta la sregolatezza dei più o meno geni che in genere li accompagna.
Ci sono quelli che accettano solo chi si chiama Ernesto, e quelli che per stare dalla parte del sicuro scelgono gli sbagliati a priori, perché essere nel dubbio non piace a nessuno.
Io ho camminato scalza coi lebbrosi in un angolo di paradiso e biryani in India, ma vabbè, il pericolo è il mio mestiere.
Solo che poi i manici del bauletto monogram invecchiano male, e ho sentito dire a un dottorino fuori dalla villa comprata per l'amante che quest'anno a Cortina non c'è neve; gli artisti vedono muse dappertutto e gli Ernesti sono spesso acque chete.
Il sufidanzato opta per il colpo di stato quando sente Carlà che intona La noyéè.  Digrigna un C'est épouvantable!, e lascia il volante per spegnere l'autoradio. Gainsburg è intoccabile, mai dimenticarlo. Di mio non faccio una piega quando sento la versione aristocraticamente sussurrata de Il Cielo in Una Stanza, ma io alla Première dame de France le voglio bene. Anche lei si è innamorata di un filosofo, tempo fa.
E con addosso solo una camicia di jeans e una chitarra la trovo incantevole.
Non mi convinci con tubini castigati, chignon rigidi e décolleté timide, che se hai ai piedi un paio di Louboutin puoi osare, Carlà.
Qua, se si abbassa la guardia, ci si ritrova come quelli che si prendevano in giro quando si era bobo e di sinistra. Mmmmmmmmmmmmouai.

p.s. una canzone che ho scoperto 3 minuti fa e mi pare faccia al caso nostro! http://www.youtube.com/watch?v=8UVNT4wvIGY&feature=youtu.be

venerdì 2 dicembre 2011

Non tutti i bombi vengon per pungere

Certe giornate sono più speciali delle altre, e per fartelo notare si mettono un bel fiocco tra i capelli.
Avere un cielo più blu del blu e un sole molto poco nordico è già assez spécial in Belgio, soprattutto se aspetti un bus che non arriva.
Il mio spirito caritatevole, eredità di un passato da scout e di una infanzia plagiata da suore non troppo pie, nota una bisognosa vecchietta con palesi problemi di deambulazione. Scatto in piedi e chiedo con tono premuroso se posso portarle la borsa, che poi ho scoperto essere la più pesante del pianeta. Lei incredula accetta, si accomoda sulla panchina e inizia a dondolare i piedi in quel modo tipico di chi è abituato a sentirsi sempre sull'altalena, e che io invidio da quando ho superato il metro e quaranta.
"Colombiana", mi dice. Benissimo, adoro la letteratura sudamericana. Iniziamo dunque. L'epopea familiare ha tutti i crismi, dal marito assassinato da crudeli banditi all'abbandono dei figli, da gravi malattie misteriosamente in stand by al lavoro di nero vestito che la obbliga a faticare più di quanto avrebbe bisogno.
Mi sta spiegando come preparare una qualche piatto tradizionale che apparentemente in Colombia mangiano con tutto, quando arriva un bombo.
Il sufi fidanzato mi dice sempre che io sono molto più grande degli insetti, e che questo è motivo sufficiente  per mantenere saldi i nervi, ma la sua teoria non mi ha mai convinto, e mi scateno in scoordinati movimenti da tarantolata. Lei mi guarda, e mi chiede cosa stia facendo.
"Ho paura che mi pizzichi", le dico.
"No, non è qui per pizzicare, vedi? E' venuto a portare un messaggio".
Mi riaccomodo ed evito di incrociare gli sguardi perplessi dei nordici che non si scompongono MAI, nemmeno a rischio della vita, e ascolto la parte più interessante della storia.
Pare che in Colombia ci si ecciti parecchio quando un bombo ti svolazza intorno per un po', perchè sono portatori di novità. E lei ovviamente ha un aneddoto che fa proprio al caso nostro.
Era piccola, e dopo un incontro ravvicinato con il suddetto insetto la madre la fa correre a casa in preda al panico. Si cambiano i lenzuoli, si strofina per terra, si preparano i piatti più prelibati, si mettono fiori nei vasi e ci si da una bella lavata. Tipo una festa a sorpresa in cui non si sa chi è l'ospite d'onore.
Morta di fatica, la nostra protagonista si accascia sulla sedia e aspetta, impaziente. Tempo due minuti e Tadaaaaaaaaa! Lo zio scomparso apre la porta, mentre le lacrime di gioia si sprecano.
(Cara Raffa, le Carrambate sono più vecchie di te, apparentemente).
"Era questo il messaggio del bombo per te", conclude. "Avrai una bella sorpresa, ne sono sicura".
Poi arriva il bus, io le passo la pesantissima borsa e lei mi augura una vita felice.
Devo dire che può essere che io abbia modificato alcuni particolari perchè, con 3 denti operativi, Marta Lucìa del Carmen fa come può.
Quando nel pomeriggio sono andata a firmare il contratto del nuovo lavoro ho mandato un bombo virtuale al fiocco sui capelli della mia giornata.
Il sufi fidanzato dice che poteva essere un santo. Io non ne ho idea, ma ogni volta che aspetterò il bus 80 cercherò due piedi che dondolano dalla panchina.