domenica 13 novembre 2011

Novembre tira fuori il malinconico in te

E poi, una persona che era non è più.
E non cambia nulla, tutto rimane come prima. Al bar dell'ospedale i dottori chiacchierano, i pazienti in pigiama vanno fuori a fumare, e i posteggiatori abusivi assicurano i posteggianti che avranno un occhio di riguardo per la posteggiata. Che l'ho anche appena lavata, mi raccomando.
Solo i tuoi vicini di limbo se ne accorgono. Si respira quell'aria da non ti guardo perché mi dispiace, ma non so come fare a nascondere il sorriso, che il nostro è ancora vivo grazie a Dio. Che poi il loro sorriso non ti farebbe arrabbiare, perché lo hai avuto tu prima di loro, ma non hai voglia di farglielo sapere. Li lasci stare coi loro sensi di colpa, che ne hai già abbastanza dei tuoi.
Io quella sera ero rimasta in piazza a fare da musa ad un pittore argentino, che giurava che i miei ricci fossero difficilissimi da rendere su carta, e quindi avevo fatto tardi.
Ci eravamo dati appuntamento per il giorno dopo, perché non poteva partire senza finire almeno lo schizzo, ma dubito che fosse l'unica ragione.
Ero tornata a casa in bici veloce veloce, perché c'era il solito matto che urlava fuori da casa sua, e mi terrorizzava. Che poi adesso è morto pure lui, pover'anima, ma io la sera quella strada in bici non la faccio più.
Il giorno dopo non ci sono andata all'appuntamento, e mi è anche dispiaciuto. Perché anche tu ci credi, che non è cambiato niente, e allora i pittori hanno il diritto di essere importanti.
Non c'è un universale modo di reagire al dolore, ancora non lo vendono. Abbiamo tutte gli stessi ombretti e lo stesso punto di rosso mattone addosso, ma il mio modo di nasconderci dentro le lacrime è diverso dal tuo.
Per esempio io adesso guardo i film western, e so che farò finta di star male per non andare al lavoro quando l'offspring me lo chiederà. Se mai ne avrò uno, chiaro.

Nessun commento: